“Eh ma sui social pubblicano soltanto caxxate!” Se anche tu hai sentito questa frase trilioni di volte e ti è sempre sembrata buttata lì, questo articolo ti piacerà parecchio. Se, invece, ritieni che chi lo dice lo faccia con cognizione di causa, resta qua: potresti sorprenderti.
A un primo sguardo questo luogo comune dà l’impressione di non allontanarsi troppo dalla realtà dei fatti. Per fortuna, però, dietro l’angolo c’è sempre un’eccezione a confermare la regola, e di una di queste vogliamo parlarti.
Lei è Sophie Bertocchi, che da 164 post a questa parte ha iniziato a raccontarci una storia dove la protagonista – una ragazza affetta da disturbo borderline – insieme alla sua cagnolina Rose combattono contro il mostro oscuro a tre teste della depressione attraverso contenuti che vogliono sensibilizzare e creare consapevolezza.
Ah, questa storia non è affatto inventata.
Ah, e si dà pure il caso che Rose sia il primo e unico cane di assistenza psichiatrica certificato Assistance Dog International in Italia.
Ah, sì Rose è un cane.
Ah – ultimo ah, giuriamo –, addentrandoti in questa storia scoprirai anche come noi di Not Just Analytics ci siamo ritrovati, nel nostro piccolo, ad accompagnare Sophie e Rose in questo avvincente viaggio.
Prima di continuare, se ti piace andare al sodo ti diamo 3 buoni motivi per immergerti in questa breve lettura. Resta qui se vuoi imparare:
- che i numeri vanno interpretati e guardati out of the box, perché nascondono opportunità insperate
- come gestire i troll e farci pure un figurone
- a dare fiducia alle persone e al potere delle loro storie, perché la condivisione è l’oro del web
Buona lettura!
Ciao sono Sophie, e lei è la mia amica Rose
Ci sono storie che non fanno storie. Però a noi piacciono le altre, quelle rumorose, quelle che – capisci a noi – si fanno sentire. Help me Rose è la risposta di Sophie, un resoconto in stile POV sulla salute mentale che ci sorprende non perché fa clamore, quanto per la sua potenza disarmante nell’infondere fiducia e speranza in questa tormenta da algoritmo.
Sì, ma Sophie chi è? È una ragazza di 27 anni che studia ingegneria biomedica e che soffre di un disturbo di personalità borderline. Come in tanti sanno ormai, ha iniziato a condividere online tutto l’aiuto che Rose le dà per affrontare i suoi momenti depressivi. Rose, ma anche questa roba l’avrai già capito, è il primo e unico cane di assistenza psichiatrica certificato in Italia.
Pausa! Forse hai già sentito parlare degli animali da supporto emotivo ma Rose è molto di più. Gli ESA – che sta per emotional support animal – aiutano le persone a stare meglio anche con la sola presenza. I cani di assistenza psichiatrica, invece, oltre a questo sono addestrati per sviluppare abilità molto specifiche. A conti fatti sono skillatissimi!
Rose porta le medicine a Sophie, è stata educata a riconoscere i segni di una crisi, fare il possibile per ridurne gli effetti e molto altro ancora: i compiti di un cane di assistenza psichiatrica sono moltissimi. E da qualche tempo si diletta anche a fare la star sui social.
Come in questo video in cui dà la zampa a tutta la community di NJL.
La sfida (social) di Sophie
Mentre Sophie continuava il suo cammino di sensibilizzazione, ha scoperto che una buona strategia social richiede anche strumenti pratici per migliorare la propria efficacia. Fa strano passare adesso a discutere di numeri, strategie, marketing… però ha senso. Dall’esterno Help me Rose appare come un progetto di successo, però è frutto lezioni imparate col duro lavoro e di contenuti, risultati ottimi dopo numerosi tentativi.
L’abbiamo detto: il mondo dei social non è proprio l’habitat di Sophie. Eppure, anche senza calcolare la sua strategia al minuto i suoi sforzi hanno ottenuto in cambio una meritatissima visibilità. In una parola: impatto. Per darti un quadro più ampio, di Rose e di Sophie se ne parla in televisione, in radio e molto presto verrà pubblicato anche un libro.
Mischiamo sacro e profano se ti suggeriamo di leggere nella storia di Sophie e di Rose il concetto di differenziazione? “Fuori dai social!” a un certo punto sembrerebbe di sentire.
Oltre i social come contenitori media, oltre i confini del digitale e oltre quelle terribili regole che a un certo punto sembrano aver messo in trappola i social. Il successo di Sophie e Rose arriva dritto a quell’area del corpo umano su cui da secoli discutono i filosofi: il ❤️
In un’epoca dilaniata da un algoritmo incomprensibile è la semplicità a fare centro. Quel tipo di semplicità che in una content strategy fa rima con sensibilizzazione e divulgazione. Temi diventati il fil rouge dell’impegno di Sophie, il cuore della sua tesi all’università Tu Delft in Olanda e il pilone di un progetto futuro – ma neppure troppo – per portare la pet therapy, come lei stessa ci dice, “in quegli ospedali che mi hanno salvata e portare gioia ai pazienti!”
Come combattere iI lato oscuro del web
Certo, non è tutto oro quello che luccica e anche sensibilizzare deve fronteggiare delle ombre, che spesso indossano il mantello dei troll. Tuttavia in più di un’occasione Sophie – e magari Rose se ha fiutato come si deve una buona gestione della community – si è dimostrata valido esempio da cui prendere spunto quando decidiamo di sbottonarci sui social ed tagliare (giustamente) le barriere.
Per avere un quadro ancora più ampio di come si gestiscono le critiche ti consigliamo di dare una sbirciata al post pubblicato qualche tempo fa insieme a Veronica Civiero. In questa occasione invece ci limitiamo a sottolineare tre elementi di successo di questo post:
- il tono calmo sfoggiato da Sophie smorza subito l’aggressività e incentiva indirettamente la propria community ad adottare lo stesso livello di linguaggio
- chiarisce la propria posizione senza negare e screditare i commenti negativi
- ribalta la situazione offrendo alla critica una visione positiva che leggi nella caption “Non etichettiamo, non ghettizziamo e combattiamo insieme questi sterili stereotipi sulla salute mentale, che in fondo, ci riguarda tutti.”
È merito di una sapiente strategia? Che importa! Il successo di Help me Rose passa da una decisione perfetta all’altra. Insomma, una comunicazione dove è difficile intravedere crepe. E – scusaci questa ventata di orgoglio – anche noi abbiamo fatto la nostra parte. Ehm, mo’ ti spieghiamo come.
Come Sophie usa NJL per migliorare l’efficacia della sua strategia
Sophie ci svela di averci conosciuto grazie al sacro passaparola. Detto fra noi, possiamo conoscere il nome del tuo amico che ha fatto incrociare le nostre strade? Vorremmo dargli un abbraccio.
Adoriamo senza mezze misure il motivo che la spinge a usare NJL giorno dopo giorno:
Mi dà tranquillità! Mi fa sentire di avere il controllo.
Per sviscerare meglio questa dichiarazione d’amore, la nostra piattaforma:
- è d’aiuto a pianificare i suoi contenuti
- la tranquillizza nella gestione delle cose da fare (che sono tante tante)
- è ideale per ridimensionare (e contestualizzare) i risultati negativi
- le fornisce nuovi spunti e idee
Non osiamo metterci a livello di Rose, però percepiamo dell’affetto verso il nostro amichevole tool!
Il potere di normalizzare i numeri
Grazie alla funzione Analisi dei post, all’analisi della fase dell’algoritmo e ai suggerimenti sui migliori orari di pubblicazione il suo flusso di lavoro è diventato più veloce e le ha anche tolto qualche pensiero di torno. Anche di fronte ai cali di reach che si stanno verificando qua e là – e quindi a numeri che potrebbero buttare giù il morale – dice che “con NJL so quando invece è normale avere tali risultati e ciò mi tranquillizza”.
Detto ciò, avere a disposizione tanti dati senza fare uno sforzo per capirli non serve a molto. A volte, come abbiamo accennato all’inizio di questo post, bisogna andare oltre la prima risposta che ci passa per la testa, attivare il pensiero laterale e chiedere ai numeri stessi una risposta.
Le opportunità nascoste dei dati
Lasciamo stare gli antichi oracoli, ci riferiamo a qualcosa di molto specifico che è accaduto a Sophie. Un bel giorno finisce nella sezione analisi del suo pubblico – che puoi fare anche tu dalla sezione “Audience”– e scopre che una grossa fetta dei suoi follower vive a Roma.
Molti avrebbero preso questo dato alla leggerezza, e invece a Sophie scatta l’idea: questa informazione diventa stra-utile per organizzare la promozione del suo prossimo libro, proprio a Roma! Perché, se non lo avessi ancora notato: online e offline vanno più d’accordo di quello che si pensi.
Cosa ci insegna questa storia?
L’idea che la voce di Sophie e le zampe di Rose riescano a farsi sentire forte e chiaro ci dà fiducia. Significa che comunicare sui social può ancora avere un ruolo nel migliorare la vita delle persone, aiutarci a conoscere quello che meno sappiamo e confrontarci per imparare. Tutti assieme.
La sua opera di sensibilizzazione è schietta, onesta, anche difficile perché, se abbiamo capito una cosa, è che la depressione è ancora troppo spesso vista come un tabù.
Invece è giusto parlarne, è bello parlarne, ed è stupendo se a farlo sono Sophie e la sua Rose con tutta la loro spontaneità.